24 gennaio 2009
IL MODELLO KAKA' (Aggiornato)
Esattamente una settimana fa andava in scena il dramma: dopo la partita di sabato sera sembrava di assistere al saluto prima della partenza per il fronte. Abbracci, lacrime, strette di mano e l'immancabile pugno che batte sul cuore. Su il sipario, inizia la tragedia, protagonisti fuori e dentro il campo, i tifosi sono gli ingenui spettatori di un "Truman show"? Il destino di Kakà sembra segnato, il futuro è il fronte di Manchester, ma non la d'orata sponda dello United, bensì l'oliosa, fumosa e grigia sponda del City. Il confine dell'Occidente sportivo, l'esilio del calcio e appunto anche per questo, il compenso deve coprire i vuoti dei sentimenti e della qualità calcistica. In settimana è arrivata la notizia che sognavo, Kakà resta al Milan, i tifosi della fossa e gli amanti della bellezza del calcio, potranno ammirare ancora le pennellate, gli scatti, i dribling, le acrobazie di chi ha nei piedi e nell'estro un talento vero, un dono dal cielo e nei polmoni ha l'energia del TGV e nel sentimento ha una sensibilità intoccabile. Kakà resta al Milan, il gesto mi conquista, ed anche solo per questo rischierei di diventare tifoso milanista. Storia vera o inventata? Non lo so, forse scopriremo qualche dettaglio nei prossimi mesi, la malizia non ci porta sempre alla realtà, spesso ad un cinismo che è ormai conformismo dei tempi, se pensi male, parli male. Kakà non è certo un eroe, sono altri i personaggi che meritano il superlativo assoluto dell'animo e del gesto, Kakà è un sogno che diventa realtà, un simbolo per il pallone ormai sempre più sgonfio, una pagina rosa nel libro nero del calcio. Un business con un cuore, che per una volta, batte più forte dei denari tintinnanti sul tavolo. Non mi interessa l'uso politico che ne ha fatto il Premier da Biscardi, non mi interessa se intorno a questo si creeranno nuovi business, io in questo momento vedo solo il gesto di un ragazzo, cerco di comprendere i suoi sentimenti. Altri calciatori, davanti ad alcune scelte, hanno avuto atteggiamenti diversi. Buffon ha ammesso di aver sofferto di depressione, Vieri davanti all'enorme successo dice di aver subito attacchi di panico. Per una volta forse sarò io il cinico, ma non credo che Vieri sappia veramente cosa sia la sindrome da attacchi di panico. Io l'ho subita, e non mi vergogno di ammetterlo, e non certo dovuta a troppa ricchezza o per cause di eccessi di popolarità. Gli attacchi di panico sono terribili perchè sono invisibili, sono un'attrazione che si insinua nella tua mente piano piano, di nascosto e ti assorbe, non la conosci e finisci per accettarla. Vivi nel silenzio esterno e nelle urla interne, la tua bocca è muta, ma la tua mente grida, chiede aiuto, ma nessuno ne è capace. Sono tutti pronti con la lista delle soluzioni, devi fare questo o quello, ma nessuno ti chiede di cosa veramente hai bisogno, l'insensibilità del prossimo, contro la tua estrema sensibilità. Sei solo, contro te stesso, il nemico è inside. Tutti conoscono il modello della felicità (per gli altri) ma chissà perchè sono in pochi a saperla mettere in pratica per se stessi. Ti aggrappi ed ogni tanto ritorni alla vita, prendi ossigeno, ma subito, in modo autolesionista, senti quasi l'assenza di quel male infido, ti ammalia e ti richiama, non puoi vivere senza di me, e ricadi. Per uscirne le vie sono la psicanalisi, la medicina o la forza di volontà, ed una faticosa autonalisi, un viaggio dentro te stesso. Io ce l'ho fatta, almeno credo, ma ancora oggi mi guardo dentro, e prima di incolpare il prossimo, cerco di capire se sono io ad aver sbagliato. Probabilmente questo è causa o merito della mia estrema sensibilità. Prima di uscire di casa, ci copriamo di strati di metallo, un armatura a prova di dolore, siamo nella società dei vincenti, in cui i punti deboli devono essere nascosti. Per quanto mi riguarda potrei uscire di casa nudo, non mi vergogno delle mie cicatrici, anzi, sono lì a ricordarci gli errori fatti e le sofferenze. Ed invece tendiamo ad allontanarci da chi ha sofferto, perchè abbiamo paura di soffrire, ed è per questo che mi chiedo, perchè continuiamo a soffrire inseguendo chi scappa, trascurando chi ci è vicino, dando sempre per scontato che anche se accantonato, sempre ci sarà... perchè vogliamo quello che non abbiamo solo per il gusto della conquista? Il Milan si è tenuto Kakà, ed ha fatto bene, non è solo un regalo per noi amanti della bellezza, dell'arte applicata allo sport, dell'eleganza su tappeto verde. Kakà stava bene al Milan, il Milan con Kakà può andare lontanto, ed allora vale trasformare in denaro ed in una futura incognita, una bellissima realtà che può continuare a regalare soddisfazioni? Il Milan ha fatto un regalo a se stesso, è inutile cercare il meglio, quando il tesoro è già in casa.
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